Bartolo Nigrisoli

Bartolo NigrisoliQuando Mussolini chiede ai professori universitari l’impegno di “formare cittadini operosi e devoti alla patria e al regime fascista”  su 1295 solo dodici rispondono di no…tra questi un grande chirurgo romagnolo: B. Nigrisoli

 Appartenente ad una famiglia di origini ferraresi, che per cinque secoli aveva esercitato la scienza medica, Bartolo Nigrisoli nasce, primo di quattro fratelli, a Mezzano il 18 dicembre 1858. Figlio di  Carlo,  farmacista del paese, e di Domenica Cavassini.

Bartolo frequenta le scuole elementari prima a Mezzano, poi a S. Alberto, a casa dello zio Domenico, medico.

Supera l’esame di ammissione alle scuole Tecniche, e successivamente al Ginnasio, che frequenterà inizialmente al Collegio Ferrari-Agradi di Parma, dove il padre lo iscrive unitamente ai fratelli Vittorio e Antonio. Questa scelta però, oltre a rappresentare una spesa maggiore del previsto per la famiglia, risulta quanto mai sgradita   a Bartolo,  spirito ribelle e autonomo, che già fin dalle scuole elementari si era distinto in monellerie.

Il padre decide quindi di ritirare i tre fratelli dal collegio e Bartolo prosegue gli studi a Ravenna,  ospite  dello zio Gaetano, farmacista.  La  figlia, di questi, Mariuccia, aveva sposato  Olindo Guerrini,   conosciuto già allora a Bologna e a Ravenna come poeta elegante e brillante polemista. Presso di loro rimane  poco, perché il padre decide che lui e i suoi fratelli entrino nel Collegio Comunale di Ravenna.

Mezzano all’epoca era un piccolo centro rurale, risaie e campi poco rendevano a gente povera e costretta ad affrontare ogni sorta di difficoltà per sopravvivere, così la gente  si recava in farmacia proprio solo quando era indispensabile e spesso a credito. In campagna anche  per un farmacista  far studiare i figli significava economie e sacrifici, sacrifici che i genitori di Bartolo affrontano con determinazione e che permetteranno anche ai fratelli più piccoli: Vittorio ed Antonio di conseguire la laurea in Farmacia uno ed in Medicina l’altro.

Negli ultimi anni del Liceo, Bartolo si mostra poco interessato alle materie di studio, ma diventa un lettore appassionato ed  instancabile, grazie alla possibilità di frequentare la ricca biblioteca dell’amico ravennate Luigi Rava, destinato a diventare senatore e poi ministro del Regno. Nello stesso periodo conosce e frequenta anche Nullo Baldini, futuro deputato socialista.

Per tutta la vita, nonostante l’impegno e la  dedizione  alla sua professione, coltiverà la passione per la lettura fino ad accumulare nella sua casa di Bologna,  una delle più specializzate biblioteche scientifiche, ricca anche di testi umanistici. Confesserà che non avrebbe potuto vivere senza leggere e quando,anziano, non riuscirà più a farlo per problemi agli occhi, cercherà  chi possa  leggere per lui.

Conseguita la maturità si  iscrive a Bologna  al corso di studi in Farmacia per passare poi al secondo anno di Medicina e Chirurgia nell’anno  accademico 1878-79.

 Durante il primo anno di studi è “negligentissimo”: di notte fuori con i compagni fra cui anche Giovannino Pascoli, di giorno a letto e spessissimo a casa in vacanza”,  racconta nelle sue memorie. Oltre che di Pascoli diventa amico anche di Camillo Prampolini e dell’ internazionalista Andrea Costa.

Gli anni del liceo a Ravenna  e i primi  dell’Università  sono caratterizzati da interesse e partecipazione alla vita politica, perchè cresciuto in Romagna, in una famiglia dagli ideali repubblicani e progressisti e perchè sensibile ai valori di giustizia e solidarietà del socialismo;  l’impegno civile  non lo  abbandonerà mai, anche se  matura ben presto l’idea che  l’esercizio della professione medica sia incompatibile con un’attiva militanza politica.

Come  si sentirà sempre libero di esprimere con schiettezza le proprie opinioni senza mai farsi intimorire, così sentirà sempre il dovere etico di assistere e di soccorrere chi gli chiede aiuto, indipendentemente dall’appartenenza ad uno schieramento politico.

Se fino a questi anni il suo percorso scolastico è stato  brillante ma  discontinuo, dal 4° anno frequenta con la massima concentrazione e il massimo profitto la Clinica medica diretta da Augusto Murri e la Clinica chirurgica diretta da Pietro Loreta, che saranno i suoi grandi maestri.

Nell’ultimo anno di corso entra in servizio regolare come pro-assistente di Clinica chirurgica e, dopo la laurea, conseguita il 24 giugno 1883, ottiene il posto di assistente interno.  Presta servizio militare  alla Scuola Militare di Sanità di Firenze e poi all’Ospedale Militare di Torino.

I Nigrisoli

Nel 1886 Bartolo torna a Bologna al suo posto di assistente di Clinica chirurgica, ma, a seguito di contrasti e incomprensioni con il Loreta,  decide di andarsene e concorre al posto di Primario chirurgo e Direttore nell’Ospedale di Castiglion Fiorentino, dove resta due anni, per passare poi a Ravenna, come primario chirurgo nel luglio del 1890.

L’Ospedale di Ravenna aveva avuto ottimi primari chirurghi, ma in una situazione di continua litigiosità e di conflitto e il suo arrivo  comporta immediatamente una serie di impegni per l’amministrazione dell’Ospedale per garantire un minimo di operabilità in condizioni di decenza e di igiene. Infatti la struttura ospedaliera era in condizioni incredibili di trascuratezza e di degrado, tanto da costringere Bartolo a continue richieste di interventi migliorativi: da una semplice ripulitura e imbiancatura delle camerate, all’assunzione di personale,  a una nuova sala operatoria.

Naturalmente  tali opere conosceranno tempi lunghi, si scontreranno con le ristrettezze di bilancio e  comunque un miglioramento delle condizioni  sarà  reso possibile  solo grazie alla tenacia, alla determinazione e anche al personale  contributo economico di Bartolo.

All’impegno per migliorare le condizioni di degenza dei pazienti e la funzionalità della struttura Bartolo accompagna lo studio, la ricerca e un continuo aggiornamento della propria professionalità, attraverso rapporti  con colleghi in Italia e all’estero. Durante la sua permanenza a Ravenna, infatti  si reca, ad esempio, a Berlino per studiare la nuova scoperta del Dott. Robert Koch e al Congresso Medico Internazionale di Mosca. Negli anni visita le cliniche di altri paesi europei: Finlandia, Svezia, Danimarca e si confronta con la tecniche  e le novità scientifiche che in quei contesti trovavano applicazione.

Nigrisoli rimane in servizio all’Ospedale di Ravenna ininterrottamente dal 5 luglio 1890 sino a tutto il 1898, prestando la sua opera sia nel suo reparto, sia  a domicilio nella città ed in tutto il Comune. Il suo reparto, con circa 90 letti, diviene comparabile a quelli dei grandi ospedali delle principali città italiane.

Nonostante tutto questo, i rapporti con l’amministrazione non sono sempre facili: diversi screzi con la Congregazione di Carità che amministrava l’Ospedale lo porta a presentare le dimissioni nel 1896. Le dimissioni  rientrano, ma si fa strada in lui l’idea di lasciare Ravenna, proposito che si concretizza alla proposta del Rettore dell’Università di Bologna di accettare la nomina di aiuto nella Clinica chirurgica, con l’incarico di dirigere il servizio interno e di attendere alla tecnica operatoria.

Da questo momento fino al 1905 divide il suo impegno fra l’Università e l’Ospedale di Ravenna, continuerà ad aver rapporti con Ravenna fino all’arrivo di un nuovo primario, rinunziando a qualsiasi compenso e rimborso spese. Va anche detto che resterà sempre un punto di riferimento per i suoi compaesani in difficoltà, a cui non negherà mai, se possibile, un consulto o un aiuto.

Bartolo  entra in servizio all’Ospedale Maggiore  il primo settembre 1905, realizzando la sua vera aspirazione, in quanto era poco interessato alla carriera universitaria. Diviene così  Primario chirurgo in quello che era considerato uno dei più prestigiosi ospedali,  viene confermato con contratti triennali, fino a quando non si dimette, al suo rientro dalla missione in Montenegro nel 1913,  per un contrasto  con l’amministrazione, che aveva autorizzato la costruzione della camera mortuaria accanto al suo reparto di chirurgia. Fino a quel momento al Maggiore aveva eseguito circa 10 mila operazioni.

 Bartolo lascia l’ospedale e passa ad operare nella  Casa di Salute di Via Malgrado, casa di cura che aveva aperto assieme al fratello Antonio, oculista. Qui  poteva  meglio operare  grazie ad attrezzature moderne ed adeguate alle diverse esigenze;   la cura e l’assistenza  verso i pazienti conservavano sempre un carattere di  beneficenza.

Nel frattempo era iniziata anche la sua attività sui fronti di guerra: nel 1912 Bartolo  era partito  per il Montenegro come capo della missione della C.R.I. durante la guerra balcanica contro i turchi. Sarebbe dovuto restare fuori solo tre mesi con un ospedale da 50 letti ed un’ambulanza da 20 , ma a Podgoritza nel febbraio del 1913 l’ospedale conta fino a 700 letti e i mesi da tre diventano sette.

nigrisoli 1913Riconoscimento a B. Nigrisoli 1913  ( collezione privata)

I feriti osservati sono circa 4 mila e la sua esperienza di ferite di guerra, di fratture e chirurgia vasale diviene preziosa poi al momento dell’ entrata in guerra dell’Italia nel 1915.  Allo scoppio della  Grande guerra parte  al servizio della C.R.I., cedendo alla C.R.I anche la sua Casa di Cura. Viene nominato Consulente ed Ispettore sanitario non solo degli ospedali ambulanze della C.R.I. ma anche degli ospedali e dei servizi chirurgici della Sanità militare.  Nel maggio del 1916  dirige l’ Ambulanza Chirurgica di Armata, posto che mantiene fino alla fine del conflitto, assistendo più di tremila feriti.

All’Ambulanza Chirurgica erano destinati  i feriti addominali e cranici, ma Nigrisoli, contravvenendo agli ordini, non  rifiuta l’ammissione e la cura anche a feriti di altra natura, se gravissimi, senza preoccuparsi in alcun modo delle disposizioni,  ma solo della necessità di portare presto  soccorso a feriti che un trasporto ulteriore avrebbe messo in si­curo pericolo di vita.

Non accetterà la medaglia al valore che gli era stata proposta, ma la semplice croce di guerra ed un attestato della C.R.I.  unicamente per documentare il servizio prestato. Servizio che si rivela prezioso  per i progressi della chirurgia sulla base dell’ esperienza della chirurgia di guerra.

Alla fine della guerra ritorna alla sua clinica, rifiutando la proposta di rientro all’Ospedale Maggiore, dove, in realtà, non avevano mai accettato la sue dimissioni. Non rifiuta invece di valutare la proposta  per un incarico di docenza all’Università.

La facoltà di Medicina e Chirurgia con voto unanime lo incarica per l’ insegnamento di Clinica chirurgica e di  Medicina operatoria per l’anno scolastico 1919-1920. L’incarico viene rinnovato per un altro biennio, ma poi la cattedra viene messa a concorso.

Di fronte al pericolo di vedere Nigrisoli non confermato nell’insegnamento per problemi  legati allo sviluppo della carriera accademica, che, come abbiamo visto, egli aveva interrotto, protestano con manifestazioni di inusuale determinazione ed inaspettata compattezza gli studenti e i docenti della Facoltà con Murri in testa, l’intera città di  Bologna e gli amici romagnoli.  La questione  viene risolta dal ministro della Pubblica Istruzione a favore di Nigrisoli.

Il fascismo, intanto, giunto al potere, sta trasformando lo Stato in un regime illiberale, alternando alle lusinghe nei confronti dei singoli, le minacce e le violenze generalizzate. Bartolo aveva deciso di non manifestare apertamente le sue simpatie politiche a causa della professione che svolgeva, ma non era un carattere facile: non si faceva lusingare né intimorire.

La lusinga viene subito con una proposta di nomina a Senatore, che  rifiuta.

Egli non solo aveva una grande integrità morale a cui ripugnava la violenza fascista, ma aveva una intelligenza profonda della storia, che lo rendeva consapevole delle finalità disastrose di quello stato totalitario ancora in formazione.

“Quello per il fascismo fu un vero delirio collettivo: si videro delle vere aberrazioni della mente ed esaltazioni  tali di un errato e falso patriottismo, inconcepibile in uomini di senno e sulla cui  assoluta buonafede  sembrava non doversi dubitare.  Quando penso alla mancanza assoluta di dignità dimostrata da molti di codesti uomini, che non avevano alcun bisogno di prostrarsi così bassamente, e che  avrebbero forse salvato la patria se invece di applaudire servilmente al regime fascista, fossero rimasti decorosamente fermi in disparte, io mi vergogno di essere italiano.”

Dalle memorie di Bartolo Nigrisoli

Bartolo diviene per il fascismo un avversario oltre che scomodo anche intoccabile, perché  gli infiniti atti di generosità verso i bisognosi del suo aiuto e gli ammalati poveri gli avevano creato una larga base popolare a lui  favorevole per stima e per riconoscenza, inoltre godeva anche della massima considerazione  in campo medico e scientifico, come dimostrato dai fatti di Bologna. Inoltre Bartolo era sì  schietto e sincero  con i colleghi, ma sempre rispettoso e,  anche quando non concordava con le terapie da qualcuno applicate, interveniva in favore del malato, ma senza sconfessare apertamente anche    il più modesto medico curante.  Prosegue silenziosamente la sua attività di docente e di chirurgo e, per restare indipendente,   non chiede mai nulla a nessuno, anzi con le quote a lui spettanti per le operazioni sui  degenti paganti provvede all’acquisto degli strumenti, al pagamento degli assistenti, alle gratificazioni degli infermieri.

Questo fino a quando, nel dicembre del 1931, Mussolini pretende il giuramento di fedeltà al fascismo da parte dei docenti universitari.Alcuni amici gli consigliano di chiedere immediatamente il collocamento a riposo, come qualcuno altro aveva fatto, ma egli rifiuta questa soluzione, ribadendo che non avrebbe giurato e non si sarebbe allontanato spontaneamente, proprio per lasciare al fascismo la responsabilità di ogni decisione al  riguardo. Solo dodici docenti nell’intero paese rifiutano il giuramento e tutti vengono allontanati dalle rispettive cattedre. Nigrisoli continua ad esercitare la chirurgia nella sua Casa di Cura, opera fino ai primi del 1941, mentre prosegue le sole visite  ambulatoriali   fino all’età di 85 anni,  quando cessa completamente l’esercizio professionale, sia  per l’acuirsi dell’ asma, sia  per le  peggiorate condizioni della vista.

In questa situazione è costretto a fuggire da Bologna e, per evitare le rappresaglie dei repubblichini, si nasconde  nella sua casa di Mezzano almeno fin dal marzo 1944 e poi da luglio a settembre presso la famiglia  Barazzi ad  Alfonsine.  Dal 20 settembre 1944 al febbraio 1945, trova rifugio presso la Casa di Cura “Villa Bellombra” a  Bologna.

Dopo la Liberazione gli viene  proposta la  riassunzione in ruolo all’Università, ma non ne vuole sapere,  anzi quasi deride questo proposito e chiede di essere lasciato in pace. Bartolo dedica l’ultimo periodo  della  vita  a scrivere i ricordi e le riflessioni sulla  sua lunga  esperienza, sulla sua attività di chirurgo,  sui  medici che aveva conosciuto e stimato,  su Olindo Guerrini e sulla storia della sua famiglia. Gli ultimi anni sono penosi per lui, che rimane sempre lucido e presente, nonostante gli affanni. Si spegne la sera del 6 novembre 1948. Le sue ceneri riposano nel cimitero di S. Alberto.

P1000390Epigrafe posta sulla farmacia di Mezzano

La sintetica biografia è riassunta dal testo del dottor Romano Pasi, I medici ravennati e la cultura medica a Ravenna, Ravenna,Longo editore,2011.