Luigi Melandri

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Luigi Melandri artista Mezzanese

BIOGRAFIA

LUIGI MELANDRI Piangipane (Ravenna) 1892 -Milano 1955

Illustratore e pittore compie la sua formazione all’Accademia di Belle Arti a Ravenna nella quale si diploma nel 1914, abilitandosi all’insegnamento del “disegno nelle scuole secondarie”.

Mostra fin da subito spiccato talento e particolare predisposizione all’illustrazione, attraverso cui esprime la propria fervida fantasia con raffinatezza di segno ed eleganza di forme.

La formazione culturale e politica di Luigi avviene sullo sfondo del fermento economico, politico e sociale degli anni che precedono la Grande Guerra nella comunità mezzanese e nelle borgate circostanti: le polemiche fra socialisti e repubblicani, che precedono e seguono l’esplosione insurrezionale della Settimana Rossa; la costruzione dello Zuccherificio nel 1909 che dà nuovo impulso allo sviluppo economico del paese; le vicende collegate alla produzione delle barbabietole, che vedono lo scontro fra proprietari, contadini e braccianti; l’avvio della lavorazione con le tensioni fra gli amministratori dello Zuccherificio e le organizzazioni sindacali; il costituirsi e rafforzarsi delle cooperative dei braccianti.

Ma in questo vivace e agitato tessuto sociale, oltre alla “casa del popolo”, alla “cooperativa di consumo” e alle scuole popolari, si diffondono anche altre iniziative legate all’associazionismo, al tempo libero, alla cultura popolare; nel 1913, ad esempio, venne aperta una “biblioteca di cultura popolare” e nell’autunno del 1921 entra in funzione il Teatro, costruito dalla Cooperativa braccianti, che diventerà “il fulcro della vita sociale mezzanese”.

Fin dal 1911 risulta avere contatti con gli ambienti culturali milanesi, in particolare con il mondo dell’editoria socialista ed anarchica, collaborazione che non si interrompe neanche durante la prima guerra mondiale, mentre Luigi è al fronte.

Quando nel dopoguerra si radicalizza lo scontro politico a sinistra ed emergono le prime avvisaglie di quello che diverrà il movimento fascista, si allontana sempre più di frequente e per periodi più lunghi da Mezzano, fino a risultare definitivamente trasferito a Milano nel 1931

Ha rapporti con giornalisti dell’ “Avanti!”e frequenta amici socialisti e anarchici fra i quali Leda Rafanelli, propagandista e scrittrice esuberante, ma soprattutto donna di singolare fascino fisico e intellettuale che, fra le tante esperienze editoriali, fonda con il marito Monanni la Casa Editrice Sociale. La loro attività editoriale conseguirà un significativo successo nell’immediato dopo guerra, non solo per il fermento culturale del momento, ma perché farà conoscere agli italiani opere straniere che continueranno a circolare anche sotto la dittatura, con in copertina il segno originale e ricercato dei bozzetti di Luigi Melandri. Se ne citano solo alcune: Leda Rafanelli, Bozzetti sociali, 1921 e Donne e femmine, 1922, E.Malatesta, L’anarchia, 1921, J.H.Mackay, Gli anarchici, 1921, Luisa Michel, La Comune, 1922, Pietro Kropotkin, Memorie di un rivoluzionario, 1923, M. Slonim, Da Pietro il Grande a Lenin, 1923.

Si mantiene tra tante difficoltà facendo l’illustratore di libri per adulti e ragazzi, grazie all’incontro con altri illustratori e all’amicizia con Silvio Spaventa Filippi, direttore del “Corriere dei Piccoli “, amicizia che manterrà nel tempo, anche con il figlio Leonardo. Costante e duratura è la collaborazione al Corriere dei Piccoli (dal 1921 al 1946), su cui illustra, di solito in bianco e nero, favole e novelle nelle pagine interne

Suoi contributi occasionali sono rintracciabili nei periodici Ardita (1921), La festa (1926), La lettura (1931), Novellino (1934), Fonte viva (1940), per i quali realizza prevalentemente le copertine.

Inoltre è di questi anni la sua più significativa produzione di copertine e di tavole per testi di argomento politico e sociale, nonché di romanzi e libri di poesia. Va ricordato, a ridosso dell’impegno con la casa editrice Modernissima, per cui illustrò testi di Rimbaud, Baudelaire e Verlaine, anche la collaborazione con la Società Anonima Editrice Facchi e C., attraverso i disegni delle copertine, nel suo caratteristico stile tardo-liberty.

Luigi frequenta anche la casa di Umberto Notari, fondatore del giornale L’Ambrosiano e dell’Istituto Editoriale Italiano, che nel 1926 teneva presso la sua Villa Santa di Monza un “vero e proprio salotto culturale e artistico dei più mondani”, frequentato da scrittrici come Ada Negri e Margherita Scarfatti, da poeti come Filippo Tommaso Marinetti e da pittori come Carrà.

In epoca fascista troviamo Luigi naturalmente impegnato a illustrare “con segno decorativo di ascendenza tardo-liberty”, come sottolinea Paola Pallottino, temi che affrontano il recupero della romanità e inneggiano a una ipotetica ascendenza pagana: libri mitologici, l’Illiade, l’Odisssea, la Divina Commedia, romanzi di avventura e cronache dei grandi viaggi di esplorazione, libri che

offrono ai bambini un magico repertorio di racconti. La letteratura infantile offre a molti oppositori del regime un “rifugio” e soprattutto la possibilità di continuare a lavorare per sopravvivere .

Sono moltissime le case editrici con cui collabora: Edizioni Morreale, Pontificio Istituto Missioni Estere, Istituto Editoriale Italiano (collezione ‘I libri divertenti’), Paravia (collezioni ‘La piccola ghirlanda’, ‘Fiorellini’, ‘La gaia fonte’), Il Verdone (collezione ‘I libri illuminati’), Vallardi (collezioni ‘Romanzi famosi illustrati’, ‘Storie vere di viaggi, scoperte, ardimenti’), S.E.I., U.T.E.T (collezione ‘La scala d’oro’), Carabba, Sandron, Edizione Libraria di Trieste e altre.

Alla pittura l’artista dedica il “tempo libero”ritagliato dall’ingente lavoro di illustratore (circa 160 libri), prediligendo soprattutto nature morte di piccole dimensioni, paesaggi e ritratti.

Anche con il colore riesce ad esprimere il suo spirito raccolto e delicato, caratterizzato da una prorompente creatività e da una raffinata sensibilità coloristica.

Durante il secondo conflitto mondiale, come per tutti, anche per lui a Milano la vita diventa difficile, ma non lascerà mai la città, dove ha la compagnia e il sostegno degli amici pittori, assieme ai quali affronta quegli anni tormentati.

Negli anni immediatamente seguenti alla guerra i toni delle sue lettere agli amici e ai familiari restano duri e disillusi, soprattutto perché avverte, nel rapporto con gli editori che gli commissionano i libri da illustrare, che le sue illustrazioni sono considerate “passate di moda”.

In realtà Luigi, che era stato uno dei protagonisti del fermento degli anni Venti e Trenta, non si rende conto della grande mutazione in atto: Il libro per bambini sopravvive ormai solo se sa tener conto della concorrenza potente e serrata che altri strumenti di comunicazione quali il cinema,la televisione e i nuovi fumetti gli oppongono.

La situazione diventa più ardua quando sopraggiungono problemi di salute negli ultimi mesi del 1951; colpito da un malore per un attacco ischemico, si riprende solo dopo una lunga convalescenza a Mezzano, ospite dei nipoti.

Muore nel 1955, viene inumato nel cimitero di Milano, con rito civile, alla presenza dei nipoti e degli amici; successivamente la salma verrà trasferita nel cimitero di Mezzano, nella tomba della famiglia Mascanzoni, accanto alla “carissima sorella Giannina”. Le poche cose che gli appartenevano e che erano nel suo studio vengono lasciate agli amici che gli erano stati vicini e lo avevano assistito fino alla fine.

All’esterno del cimitero, a ricordo della sua arte e dell’affetto per gli amici mezzanesi, resta il cippo da lui progettato su incarico dei socialisti “in memoria dei compagni caduti in guerra”.

Alcune riflessioni sul suo lavoro

Che è un uomo colto lo si evince dal suo lavoro, carico di citazioni, e dalle sue frequentazioni intellettuali, dalla sua confidenza con la letteratura e soprattutto con la storia dell’arte, che ama ardentemente. Ad un amico nell’agosto 1946 scrive: “… sento che sei stato a Venezia. Avrei voluto essere un bottone della tua giacca per poter ammirare anch’io quei grandi pittori del passato. Per noi contano soltanto questi: Tiepolo, Giorgione, Tiziano, hanno valore e importanza, gli altri grandi signori e padroni del mondo, quelli che fanno alto e basso e che possono dar mano per un capriccio all’infame macchina della distruzione non contano. I primi hanno portato in sé il soffio divino della creazione…”

Lavora con entusiasmo e autentica dedizione alla verità della pittura, così come suggerisce all’amico Ruffini nel febbraio 1942, “Intanto studiate come vi ho consigliato, siete molto giovane ancora ma colla buona volontà verrà un giorno che troverete la vostra strada” e, qualche anno dopo in una lettera del marzo 1948, aggiunge, “Sono contento che hai abbandonato la pittura metafisica, la pittura è pittura e basta. Sono sicuro che seguirai senza più scantonate la tua buona strada, obbedendo soltanto al tuo istinto che ti guida verso una sicura e stabile personalità.”

Luigi persegue la sua passione in modo totalizzante, vivendo come un bohemien ironico e disincantato. Gli amici ai quali confida pensieri, riflessioni e stati d’animo, lo sanno e riconoscono l’eccentricità libertaria della sua esperienza. Uno di loro così gli scrive commentando la coerenza della sua scelta esistenziale: “tu vivi bene, capisco che la solitudine a volte preme e pesa, ma sei padrone di te e delle tue giornate, solo e libero, senza risentimenti, né rimpianti.”

Negli ultimi anni, angustiato dal cattivo gusto imperante e dalla grettezza dei committenti, il suo disincanto volge in una amarezza palpabile che lo porta ad affermare “io dipingo per conto mio e tiro avanti come si può” e crudamente, nel febbraio 1947, “darei volentieri un calcio a tutto quanto, se avessi la merdazza assicurata vita natural durante”. Fino a scrivere in una lettera del marzo 1948, riferendosi all’amico pittore Fontana, suo ospite, “lui sta salendo la sua parabola tutta piena delle sue illusioni, mentre che io discendo la mia già completamente deluso.” Si avverte come si avvii alla vecchiaia senza sicurezze e con il dubbio forse di appartenere a quella generazione di artisti, di qualità, ma senza fortuna.

In realtà il suo lavoro, caratterizzato da una prorompente creatività, da una raffinata sensibilità coloristica e da una visionarietà elegante e ricca di riferimenti letterari, ha ottenuto il riconoscimento della critica specializzata, ma non è riuscito a garantirgli quella popolarità e quel successo in grado di assicurargli una vecchiaia serena.

Gli resta la riconoscenza delle generazioni di ragazzi che ha emozionato e incantato introducendoli, con le suggestioni fantastiche e la ricchezza stilistica del suo segno, nel mondo del gusto, dell’invenzione e della bellezza.

Percorsi dispone dell’ archivio fotografico delle opere reperite e di una pubblicazione.